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Salire al Lorenzi di prima mattina e sciropparsi circa 1000 metri su un ghiaione ha il suo perché. Salire in forcella e trovare una giovane coppia inglese con ancora negli occhi la meraviglia dell'alba appena trascorsa che racconta entusiasta le loro escursioni in Dolomiti anche, eh..la montagna! Il tempo di rifiatare un po' e via per la Dibona. Una ferrata con un bello sviluppo sulle creste e fra le cenge del gruppo del Cristallo. Un itinerario ricco di storia, di panorami lunari, di residuati bellici che corre costantemente attorno a quota tremila. Un ambiente maestoso al centro delle Dolomiti con le Tofane, il Civetta, Il Pelmo, le Tre Cime, il Paterno, tutti lì a portata di mano.
Le Marmarole fino a qualche giorno prima di questa uscita erano solo delle letture, delle relazioni, delle cime (spesso dipinte da Tiziano) che vedevo da più o meno lontano ma dentro le quali non mi ci ero ancora avventurato. Con un meteo perturbato ma con la possibilità di qualche sprazzo di sereno decido che è il momento di andare a mettere il naso in quel mondo irto e maestoso ancora sconosciuto. Rapito. Mi hanno semplicemente rapito quelle valli glaciali, quei campi solcati, quelle cime che impennano decise. Quel sapore di selvaggio, quell'andare a cercar l'acqua in una grotta, quei giochi di nuvole e sole, quel silenzio infranto solo dal sibilar del vento.
Un anello di circa 20 chilometri tra cime (Terrarossa e Foronon del Buinz), forcelle (lis Sieris, la Val, Lavinal dell’Orso) ed un infinita serie di cenge aeree, canalini e creste da togliere il fiato. Un viaggio verso est, spezzato dalla notte in un bivacco a cinque stelle dalla storia risalente al recente 2012 quando la famiglia di Luca Vuerich (alpinista di fama internazionale scomparso travolto da una valanga mentre arrampicava nella vicina Slovenia) volle costruirlo in sua memoria. Il legno d’abete rosso con cui è costruito, unito alla storia di questo giovane alpinista presente in ogni pagina del libro di bivacco, scaldano l’animo e trascorrere del tempo lassù è stata un esperienza intensa, quasi mistica.
Terre di confine, terre di storia con ancora i segni della prima Grande Guerra. Dalla ovest del Peralba sino alla cima e poi giù in terra austriaca verso la 'valle delle marmotte'. Una visuale che spazia dalla Val Visdende, alla Carnia, alle Alpi Austriache ed un verde brillante che ti riempie gli occhi. Con la partenza dal rif. Sorgenti del Piave, la via sale decisa senza tanti complimenti su roccette sino alla sommità del Peralba, crocevia di ben tre possibili itinerari di salita: la normale (salita anche da Papa Giovanni Paolo II), la ferrata e la Ovest.
Il San Sebastiano e tutto il suo comprensorio è un po' la mia seconda casa. Salito innumerevoli volte ho sempre avuto anche la "fissa" di salirvi per un tramonto. Con un inverno che tarda un po' ad arrivare, decido di unire le due cose per un invernale al tramonto. Di neve ce n'è ma non ancora tanta da pregiudicare una ascesa e il ghiaccio è presente in minima parte sull'ultima placconata rendendo il rampone un obbligo! Partenza dal passo Duran e su per la più breve. La giornata è limpidissima e il panorama che si apre una volta in forcella è da cartolina: Pelmo, Sorapiss e Antelao danno foggia di sè con la luce migliore e quasi ti fan tardare per salire alla cima prima del tramonto!
A ridosso della valle di San Lucano le Pale di San Lucano hanno ancora il sapore di selvaggio. Poco battute dagli escursionisi avvezzi ai 'soliti' giri, queste montagne fatte di silenzi e fatiche si fanno scorpire pian piano. Con la partenza dalla val di Gares, il primo tratto di sentiero è abbastanza semplice, ma per arrivare al Cor la deviazione porta subito ad una traccia che per percorrela devi proprio esserne motivato. Superato un primo canalone da scendere con molta attenzione la via di salita al Cor va sempre ricercata fra piccole tracce ed indispensabili ometti di pietra studiando il terreno "mobile" e calibrando ogni passo. Una salita da ragionare, ma una vista impagabile!
Dal Passo Falzarego partono molti sentieri che accompagnano più o meno in quota. Quello percorso qui, si snoda per un primo tratto dentro una galleria risalente alla prima Grande Guerra che sale per circa 650 metri di dislivello e un km di sviluppo nel ventre della montagna. Giunti all'esterno il parnorama sulla spianata del Lagazuoi è maestoso e proseguendo verso nord il sentiero porta verso un'altra incontaminata e selvaggia valle: la Valle di Travenanzes. Un anello ricco di panorami entusiasmanti e altrettanto ricco di storia. Le trincee, i barccamenti e tutto il sistema di comuinicaizone delle prime linee è ancora parte integrante di questo enorme pezzo di Dolomiti!
Cime d'Auta. Una versioe estiva delle Cime d'Auta traversate per la ferrata Piccolin. Partenza consueta da Colmean, prima tappa alla Baita Cacciatori e poi su per ghiaie in direzione di Col Becher a cercare l'attacco tra le pareti ed i canalini. Una prima parte per roccette porta sino ad una forcella da dove parte la ferrata vera e propria sulle placche a nord ovest delle cime e che porterà sino alla vetta della Cima d'Auta. Come l'ultima volta che ci sallii, le nuvole basse mi han celato la vista verso Falcade, tuttavia a nord la visuale era abbastanza limpida. Qualche foto lì in alto e poi giù in direzione delle grandi praterie a nord, sempre ricche di fauna selvatica.
Con la partenza dalla gelida Val da Rin, questa volta mi sono spinto al rifugio Ciareido. Già concosciuto in veste estiva salirvi con un manto bianco sotto ai piedi ancora mi mancava. La salita non è nulla di eccessivamente faticoso, percorre infatti una pista battuta dal gatto che approvvigiona e trasporta il rifugio ed i gestori. Il panorama che si apre una volta usciti dal sottobosco è da cartolina. Il pian dei buoi vestito di neve con le sue distese sconfinate di prati bianchi e abeti incappucciati è semplicemente unico.
Con la partenza dalla gelida Val da Rin, questa volta mi sono spinto al rifugio Ciareido. Già concosciuto in veste estiva salirvi con un manto bianco sotto ai piedi ancora mi mancava. La salita non è nulla di eccessivamente faticoso, percorre infatti una pista battuta dal gatto che approvvigiona e trasporta il rifugio ed i gestori. Il panorama che si apre una volta usciti dal sottobosco è da cartolina. Il pian dei buoi vestito di neve con le sue distese sconfinate di prati bianchi e abeti incappucciati è semplicemente unico.
Con la stagione invernale ancora in divenire decido di puntare al rigufio Coldai ed alla cima salendo da Palafavera. La salita per le piste da sci ancora in fase di allestimento è un buon antipasto per la giornata. Salito di quota fino a delle malghe di cui poco ricordo il nome, la traccia piega sud est e si infila in un canale che porta dritto al rifugio (ormai chiuso). Da lì la via per la cima che decido di prendere mi porterà sino a meno di cento metri dalla sommità, con un amaro dietro front. Le condizioni della parete sono piuttosto impegnative ed essendo solo in quel fantastico mondo bianco, opto per non affrontarla dedicandomi a qualche scatto più particolare prima di ridiscendere.
Le Cime d'Auta non stancano mai. Un' osasi verticale ed incontaminata nella quale perdersi fra i colori dell'autunno. La partenza da Colmean punta diritta a Baita Cacciatori per poi proseguire sottto alle cime. Con il freddo oramai già impadronitosi di questo ottobre ho preferito evitare di spingermi a nord per la via ferrata. La salita è tosta e molto scivolosa ma raggiunta la forcella del Negher la vista ripaga tutti gli sforzi e osando un po' più in là branchi di camosci e di stambecchi ti accompagnano fuori dal mondo!
Voglia di bivacco. Mancavo da un po' di tempo dalle montagne e questa volta ho voluto puntare alle pendici della Regina (Marmolada). Con un meteo non proprio promettente parto di buona lena per il bivacco Dal Bianco con l'idea di trascorrervi la notte e salire sulla cima d'Ombretta all'alba del giono dopo. La notte insonne, complice il temporale ed un bivacco per nulla confortevole mi han però fatto desistere dall'ascesa all'Ombretta. Due giorni sicuramente piacevoli...ma non dei migliori!
Una sveglia comoda e un escursione pianificata all'ultimo mi ha portato in Val Canali alla ricerca di tracce solitarie durante un mese turisticamente caldo com'è agosto. Barattando un pranzo con il posto auto per un giorno (i parcheggi a pagamento lì sono proibitivi!!) lascio la macchina alla "Ritonda" e punto diritto al rif. Treviso. Poco prima il sentiero svicola a sinistra inoltrandosi in quella che è la Catena del Coro. Lasciata la via che porta all'altopioano delle Pale, punto verso la Ferrata Fiamme gialle ed al biv. Reali, posto al centro di un pianoro lunare sovrastato dalla maestosa Croda Granda che illuminata dalla luce rossa del tramonto è qualcosa di...sublime!
Un'idea nata di primo mattino, inforco la macchina e mi infilo nella val Cimoliana arrivandone sino in fondo con destinazione il Pramaggiore. Un'ascesa in ambiente selvaggio, il sentiero non sempre comodo regala paesaggi imponenti ed incontri inaspettati. Gli stambecchi sono di casa e vederli stagliarsi sullo sfondo dei Monfalconi è davvero grandioso. 1200 metri di dislivello per una cima che merita senz'altro delle altre visite per la sua centralità all'interno del contesto delle Dolomiti Friulane!
La sveglia mancata e la voglia di non buttare una giornata meterologicamente perfetta. Cielo terso, temperature gradevoli nonostante il periodo e terreno asciutto. Decido così di salire al Crep Nudo, in Alpago per gustarmi uno degli ultimi tramonti del 2016. Partito comodamente alle 12.30 raggiungo la cima piuttosto in fretta (nonostante siano comunque 1200m di dislivello..) guadagnandola alle 15.30 restando così in attesa per un'oretta del calar del sole. Dalla cima la vista è grandiosa, con tutte le Dolomiti schierate: il Pelmo, il Civetta, i Monfalconi, il Duranno, Cima Preti..A valle solamente nebbia, ma la conca alpagota splende sotto gli ultimi raggi di luce!
Un inverno che tarda ad arrivare è un invito irrinunciabile per continuare a vivere la montagna. Decido così di partire alla volta della Val Meluzzo, di risalire verso il bivacco Marchi Granzotto buttando un occhio al Porton di Monfalconi, raggingere la forcella del Leone e ridiscendere dalla valle opposta. Un giro ad anello che ha superato di poco i 1100 metri di dislivello, con poco ghiaccio e neve (quella poca rimasta dalla nevicata di metà novembre..) buona per camminare anche nell'unico passaggio a nord raggiungendo la forcella del Leone. Che dire le Dolomiti Friulane sono una continua scoperta, anche quando pense di averle viste e riviste, ti sorprendono sempre!
Far conoscere un po' le Dolomiti a chi vivendo all'estero le ha viste solamente in fotografia. Quale miglior terrazzo se non il passo Giau ed i suoi dintorni. Con Brigitte saliamo di buona lena dal rif. Fedare puntando al m.te Nuvolau guadagnando poi le Cinque Torri ed il museo all'aperto delle loro linee di trincea. Il colpo d'occhio sulle Tofane è veramente notevole e la giornata tersa ha aiutato molto. Un bel giro ad anello, non molto frequentato vista la stagione "morta" (nel pieno della stagione la quantità di turisti che si riversa qui, complici le molte seggiovie, è davvero fastidiosamente troppa..) che fa sempre gola agli occhi!
Salita al Civetta in una calda (e tarda) mattinata del 23 agosto. Partenza da malga Grava, raggiungibile dalla strada che porta al passo Duran. Da lì parte subito il sentiero che aggira la parete sud del Civetta e porta a guadagnare l'attacco della ferrata Alleghesi (circa 2h). La ferrata è verticale e ha un discreto sviluppo; dall'attacco alla cima le ore di "sferragliamento" sono ben due! Poco sotto la cima trova riparo il rif. Torrani che sarà la mia tappa notturna prima di riprendere la discesa l'indomani per la ferrata Tissi. Due giornate limpide, un alba ed un tramonto memorabili. Un grande giro ad anello impegnativo quanto appagante!
Alpago. Agosto..11 di mattina (tardi, per me che alle 11 solitamente sono già al giro di boa..). Partita tardi, fra la strada che non si trovava, l'incertezza di Barbara (i 1200 metri di dislivello sono veramente diritti come una fucilata..) insomma ..con calma.
La verticalità del sentiero mi ha davvero impressionato, come mi ha impressionato del resto la vista dalla sommità, nonostante qualche nuvola aggrappata alle montagne circostanti non si volesse proprio dissolvere.
Prima uscita nelle alpi orientali funestata dalla nebbia. Con partenza dall'Altopiano del Montasio il sentiero si inerpica fra i prati passando fra marmotte attente vedette e stambecchi che si sollazzano nella frescura mattutina. Finiti i prati il sentiero diventa via via molto impegnativo e richiede imbrago e caschetto, viste le frequenti scariche di sassi, portando lentamente alla cresta del Jof ed alla fine alla sua cima a quota 2754 metri. L'itinerario iniziale prevedeva un anello, scendendo dalla cima in direzione biv. Suringar, ma la nebbia e le condizioni del tratto che si sarebbe dovuto scendere ci han fatto ridicsendere per la via di salita. Ritorneremo!!
Quando salii al Bedin, da distante notai subito la morfologia insolita di questo gruppo e mi ripromisi di farci un salto. La giornata non è stata limpidissima, e la cima mi ha regalato pochi attimi in cui le nuvole lasciavano spazio al sole. Tuttavia gli Sfornioi (e la Cima Nord) mi sono piaciuti, così come tutto il gruppo del Sasso di Bosconero e il Sassolungo di Cibiana. Cime e luoghi poco frequentati che hanno ancora il "profumo" di selvaggio e che sicuramente ritornerò a calcare, magari con un meteo stabile!
Lo conoscevo di fama; per sentito dire veniva definito il più bel bivacco delle Dolomit e..beh, come dar torto a questa definizione. Erano un paio d'anni che volevo salirci, ma come spesso capita tra impegni dell'ultimo minuto, meteo inclemente e vicissitudini varie..insomma ho sempre rimandato. Fino a che un venerdì, stacco da lavoro e mi fiondo per i milletrecento metri di dislivello fino al bivacco. Arrivo verso le 20, giusto per un tramonto che ti disarma; l'Agner, il Civetta, e tutte le cime lì in fondo..WOW! Una nota: per pura fortuna occupo l'ultima branda libera! (..e chi se lo aspettava fosse pieno di venerdì?!!)
Tentata nel novembre scorso ma abbandonata dopo il primo tiro perchè la compagna di uscita non se la sentiva, avevo un conto in sospeso con questa ferrata. L'avvicinamento è di circa un'oretta e mezza e poi su i moschettoni e via. Verticale, esposta, tanto lavoro di braccia, lunga, bella! Viene definita una delle più impegnative ferrate delle Dolomiti ma a mio modesto parere, c'è di peggio. La discesa, per esempio!! Giù per un canalone parallelo alla via di salita e con pendenze e salti "spaccagambe" che ti riportano a valle veramente provato, specie alle ginocchia. Essere partito poi con poca acqua e scendere col sole delle 15 a picco..non è stata una gran scelta!
Marzo e la neve che non se vuole andare. Partiamo io e Giorgio da poco sopra Selva di Cadore e con le ciaspole ai piedi puntiamo verso la cima del Mondeval. Risaliamo i pendii che d'estate brulicano di marmotte ora tinti di un bianco lucente verso forcella Ambrizzola per poi deviare decisi verso la "rampa" (calcata ampiamente dagli sci alpinisti) che porta alla cima. Sospesi sui cornicioni di neve ci gustiamo un panorama sublime, complice la giornata tersissima e scendiamo in direzione passo Giau dove ci porteremo poi nuovamente a Selva di Cadore!
La neve questo inverno si è fatta attendere, ma la voglia di fare due passi con le ciaspe c'è eccome. Decidiamo io ed Elisa di salire sull'altipiano animati dalla convinzione che lì di neve ce ne sarà a pacchi! Beh..pacchetti, diciamo..poca neve e rocce che affiorano spingono a pensare che forse bastavano i ramponi! Puntiamo a un saliscendi per la piana ed un giro di qualche chilometro spinti costantemente da un vento gelido, gustandoci le cime innevate, la Pala Grande, la Pala di Rosetta, la Fradusta, un 360° invernale non da poco! Poi, come spesso capita con Elisa..si finisce sempre per magiare. Tappa quindi, prima della discesa (in cabinovia..) al rifugiuo Rosetta!